Il meglio, il peggio, il curioso degli anni 80 (e oltre)

Sostieni Boomerissimo con una donazione e sottoscrivi la nostra newletter per non perderti nemmeno un aggiornamento


TUTTI GLI ARTICOLI
News / Sport / Style / Gossip / TV e spettacolo / Boom age
Macintosh 1984, uno spot che non ha cambiato il mondo

Apple 1984: quarant’anni di uno spot che non ha cambiato il mondo

Pensieri di un pubblicitario rompiscatole su un grandissimo pippone, che celebriamo da quarant’anni, senza sapere perché.

Ho passato qualche decennio lavorando ad una scrivania molto vicina a quella di un uomo che la pubblicità italiana l’ha segnata per davvero. Al contrario di alcuni guru dal carattere diametralmente opposto, Marco Mignani non era riservato, quando si trattava di dire cosa pensava di una campagna. Per noi che facevamo parte della sua squadra, di misteri ce n’erano pochi. Tenevamo anche delle colazioni, il mercoledì, per infiammare il dibattito culturale su quello che accadeva nel mondo dell’advertising.

Macintosh 1984, uno spot che non ha cambiato il mondo
Macintosh 1984, uno spot cringeissimo – Boomerissimo.it

Mangiavamo cornetti e mettevamo nel mangianastri i cassettoni video che si usavano a quel tempo. Guardavamo e commentavamo. Io ero giovane, avevo deciso che tenere concioni non era il mio compito. Mollavo lì qualche chiosa, qualche monoriga, tra una predica e l’altra dei più titolati. Spezzavo il ritmo, sostanzialmente rompevo un po’ le balle, sdrammatizzando quelle sedute un po’ troppo accademiche. 

Il pippone micidiale di una macchina da contabili

Parlavamo molto di pubblicità. Eppure oggi, scrivendo questo articolo, mi rendo conto che non ho mai saputo che cosa Marco pensasse di quello spot che il mondo considerava storico e leggendario. Tutti lo omaggiavano, senza che quasi nessuno di noi, che ancora pestavamo sulla macchina da scrivere, avesse capito che cosa volesse e cosa rappresentasse il nuovo marchio con la mela che stava sfidando IBM. 

Il superpippone nella magnificenza dei 60″ – Boomerissimo.it

I computer erano roba da contabili, non ci riguardavano. Avrebbe magari potuto interessarci la genialità, l’innovatività, la rivoluzione comunicativa racchiusa in quegli interminabili 60 secondi. Ma se non ne abbiamo mai parlato vuol dire che nel nostro circolo non ci interessava molto nemmeno quella. Il dubbio che mi viene oggi è che quella “geniale” campagna non ci interessava perché di innovativo e geniale non aveva proprio nulla. 

Ti piace Boomerissimo? Sostienilo con una piccola offerta a questo link

A costo di mollare il classico rutto in chiesa devo confessare che, non avendo mai saputo cosa ne pensasse il mio mentore, mi ero formato un’opinione mia, completamente autonoma: quello spot era un pippone micidiale. Cercavo di sfuggirlo come la peste ogni volta che tornava in qualche cassettone U-matic (così si chiamava lo standard professionale di quei tempi), dentro uno showreel, una rassegna, una retrospettiva. Già non amo la fantascienza, figuriamoci un coro di automi ipnotizzati da uno schermo, che blaterano per quasi un minuto, mentre accorre l’eroina col martellone che farà saltare per aria ogni cosa. E sai già tutto dal primo fotogramma, l’attesa del finale, telefonato, telefonatissimo, è straziante. 

Geniale dove?

Di geniale, in tutta quella storia c’era forse (anzi sicuramente) il computer: lo avremmo finalmente capito pure noi rocciosi analogici, qualche anno dopo. Di geniale c’era la banda di pazzi che se l’era inventato. Coraggiosa ai limiti del suicidio, per la pulce che era Apple a quel tempo, era l’idea di sfidare un colosso in quasi monopolio come IBM. 

Macintosh 1984, uno spot che non ha cambiato il mondo
Il computer sì, era geniale

Tutto questo imponeva rispetto. Ma lo spot, mah… Sì, era di Ridley Scott. Sì, era girato benissimo e con la usuale dovizia di mezzi tipica del Maestro. Sì, bellissimo il casting di naziskin, facce da delinquenti che poi delinquenti lo erano in larga misura per davvero, e lo dimostrarono sfasciando il set quando cominciarono ad annoiarsi dei ritmi incomprensibili della produzione cinematografica (e specialmente quella minuziosissima del Maestro Scott).

Dopo quello spot iniziale, Apple ha creato della comunicazione meravigliosa. Ha usato la pubblicità con rara intelligenza, facendo branding geniale quando andava fatto, però alternato con sconcertanti spot di prodotto. In questi casi l’oggetto del momento girava per lo schermo per 30 secondi, senza vergogna, senza impennate creative fuori posto, così vedevi bene quanto era bello. E basta. Noi giovani creativi, abituati a complicare le cose semplici, li guardavamo increduli: “ma davvero si può fare uno spot così, con un telefono che gira?”.

Macintosh 1984, uno spot che non ha cambiato il mondo
Il geniale branding Apple – Boomerissimo.it

Lo spot di “1984”, invece, secondo la modesta opinione di uno che rompe le balle con una mezza brioche in bocca, di geniale aveva ben poco. 

Non era una di quelle sfide tra brand che hanno fatto epoca, tipo Pepsi contro CocaCola, dove ogni palombella narrativa era sorprendente e ti strappava l’applauso. Non era una di quelle cose che escono dal piede fatato di qualche Pelé della creatività, e si insaccano nell’angolo opposto a quello che ti aspetti. 

“1984” era l’opposto: uno spottone bolso, pomposo, di quelli che sembrano stati concepiti (non me ne vorranno i luminari di Chiat/Day) in una scuola di aspiranti pubblicitari, brain storming dopo brain storming, fino all’esaurimento della pazienza di tutti. 

Il monopolista cattivo, la platea dei lobotomizzati, la liberatrice. Una marcia forzata dell’ovvio, il trionfo del moto rettilineo uniforme. Della freschezza e della genialità del Mac, un computer che ha cambiato il mondo per davvero, nel suo primo spot non c’è praticamente nulla. 

Le ricerche del tempo, lette a bassa voce, per non disturbare il coro unanime dei laudatori, sembrano confermare che lo spot non funzionava. I dati erano sconfortanti, molto al di sotto dei benchmark minimi accettabili. Tradotto in volgare, a nessuno veniva voglia di comprarsi un Macintosh grazie a quello spot. Forse “1984” non è stato responsabile del primo anno di vendite fallimentari, per un Macintosh che aveva ancora qualche angolo da smussare. Certamente non gli ha dato una mano. Il mondo alla fine è cambiato lo stesso, ma non certo grazie a quel commercial noiosissimo, forse il più sopravvalutato di sempre. 

Ti piace Boomerissimo? Sostienilo con una piccola offerta a questo link

La folla orwelliana, quella che ripete bovinamente le istruzioni ricevute dal megaschermo, c’era. Ma forse stava altrove, e magari proprio tra quelli che per quarant’anni sono sembrati convintissimi che quel celebratissimo megaspottone fosse davvero un capolavoro, un passaggio epocale, come tutti dicevano. Per loro, “1984” fu davvero un 1984.

Antonio Pintér – Copyright Boomerissimo.it®

Blog at WordPress.com.

Rispondi

Comments (

1

)

  1. Troppa grazia, Robin Williams: 13 minuti di spot completamente fuori di testa – Boomerissimo

    […] business conoscevano quella follia e quando Howard Storm decise di passare dalle televisione agli spot pubblicitari, penso di avere in mano l’idea vincente per impressionare agenzie e clienti. Avrebbe mostrato a […]

Translate »

Scopri di più da Boomerissimo

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading