Un investigatore atipico, con metodi poco “americani” che guida un’auto francese, poteva avere solo un partner altrettanto fuori dagli schemi.
“Just one more thing. There’s something that bothers me”. Queste frasi del tenente Colombo sanciscono la fine dell’assassino, è solo una questione di tempo il suo arresto.
Ma in realtà tutti gli episodi di Colombo sono una questione di tempo. L’assassino, che il pubblico conosce dal principio, corre inevitabilmente verso lo svelamento ad opera dell’apparentemente innocuo tenente.
Perché la forza del tenente è in quel suo impermeabile sgualcito, dai modi dimessi, dalla forza della goccia d’acqua che scava la pietra, le sue domande precise, piazzate dirette e appuntite, senza alzare la voce, nel gioco al gatto col topo con l’assassino. Io so che tu sai che io so.
Colombo, in questo gioco, è con lo spettatore sin da subito. Riconosce il colpevole sin dalle prime battute. L’unica cosa che deve fare è trovare le prove. Tempo, solo una questione di tempo.
Da Fisher a Colombo
Nato come tenente Fisher, il suo nome venne cambiato dagli ideatori, Levinson e Link quando uno dei suoi primi interpreti, l’attore Thomas Mitchell, morì. Dopo aver offerto il ruolo a Lee J. Cobb e Bing Crosby (che rifiutarono entrambi) la scelta ricadde su Peter Falk. Fu allora che venne deciso di cambiare il nome al tenente e renderlo italoamericano, da Fisher a Columbo e per l’Italia Colombo. In fin dei conti sempre nomi che hanno a che fare con l’acqua…scusate la battutona.
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Falk portò nel ruolo il suo impermeabile, la vecchia Peugeot e quel modo di guardare che ne hanno decretato il successo. Lo sguardo era dovuto alla protesi oculare di Falk, che aveva subito l’asportazione dell’occhio destro a causa di un retinoblastoma ad appena tre anni. La sua condizione gli diede qualche problema all’inizio della carriera, ma non riuscì ad impedirgli di recitare. Uno di quei casi in cui la diversità è un valore aggiunto.
Furono girati un totale di 69 episodi della serie e alcuni di questi hanno visto l’esordio di gente che avrebbe poi fatto la storia del cinema.
No, in coppia no, anzi sì
La forza dello show era nel suo attore, non solo inteso come Peter Falk, ma come colui che agisce. Come indaga, come arriva alla soluzione. Niente inseguimenti, sparatorie, niente “coprimi!” seguiti da sventagliate di proiettili. Niente botte da orbi o sangue, niente interrogatori stile poliziotto buono/poliziotto cattivo.
Già, perché tra le tante eccezioni che hanno fatto di Colombo quello che è stato, c’è il suo operare in solitaria. Non ha un compagno, un secondo che gli guida la macchina o con cui si confronta. Gli unici con i quali parla sono testimoni ed assassini.
Ad un certo punto della sua storia televisiva, la produzione voleva affiancare al tenente italoamericano un partner con cui interagire. Un modo per movimentare i dialoghi. Ora, chi fece questa pensata da Oscar sarebbe stato da fucilare a vista, perché se lavori in tv e non capisci che il nucleo dell’eccellenza è proprio nel pensiero solitario di Colombo, vuol dire che del tuo mestiere hai capito poco.
Lo sceneggiatore Steven Bochco e gli autori erano totalmente contrari. Ed è qui che Bochco ebbe l’idea geniale, volete un compagno per Colombo? Eccolo. E propose un cane.
Cane
Falk non ne era entusiasta, ma quando gli fu presentato il “partner” non poté che acconsentire. Era il suo perfetto doppio. Niente Rin Tin Tin d’assalto, niente Lassie che macinano chilometri per tornare a casa, niente dobermann difensori di tesori e magioni. Un basset hound. Zampe corte ed una propensione al fare nulla. Del resto con quelle zampe corte non dava proprio l’idea del cane poliziotto pronto a gettarsi nella mischia.
Il primo episodio in cui compare è Concerto con delitto, il primo della seconda stagione, nel 1972. Nel telefilm il cane non ha un nome, viene chiamato semplicemente cane. Per tutto l’episodio Colombo prova a dargli un nome, oscillando tra Fido e Beethoven, ma finirà per rimanere innominato, come il gatto di Holly Golightly in Colazione da Tiffany.
Ma, chi era davvero il basset hound? Ecco qui le cose si fanno un po’ confuse. Pare che fosse un cane preso al rifugio di Burbank in California e che si chiamasse Henry. Metv.com riporta un’affermazione di Falk in cui rivela come il cane della prima stagione fosse davvero anziano e che passò a miglior vita al termine di quell’anno, come un tranquillo cane di casa.
Fu necessario selezionare più cani attori nel corso delle successive stagioni. Il punto è che nell’ottica della verosimiglianza e della continuità, bisognava rendere i successivi interpreti simili all’originale.
E così, accanto a Falk al trucco, era seduto il basset hound, il cui ritocco richiedeva molto più tempo ed impegno rispetto al protagonista umano.
Antonietta Terraglia
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