Muhammad Alì ed Elvis Presley: i più grandi, due re. Due figure per molti versi opposte. Ma anche due amici. C’è un oggetto molto particolare al centro del loro primo incontro. Una storia che merita di essere raccontata.
La realtà è sempre molto più complessa e molto più interessante delle categorie che ci servono per cercare di capirne almeno un po’. Prendiamo Elvis e Muhammad Alì, per esempio.
Elvis, rre dello spettacolo, la “grande speranza bianca” della musica. L’uomo che ha reso possibile il successo del rock n’ roll, attingendo abbondantemente alla musica dei ghetti. Un’operazione dal suo punto di vista completamente sincera (Elvis accanto a quei ghetti era cresciuto), ma che non tutti i musicisti neri gli hanno perdonato.
L’altro un re del ring, ma soprattutto un uomo che ha messo la sua fama e il suo talento di sportivo al servizio di una battaglia politica difficile e, diremmo oggi “divisiva”. Il primo sportivo politico e militante. Un uomo che ha lottato per dare giustizia e pace ai neri d’America (e non solo). E per questo ha pagato anche moltissimo. Oggi tutti riconosciamo a Muhammad Alì l’estrema esattezza del titolo che si era autoassegnato. “The Greatest”. Ma non è sempre stato così. Alì ha combattuto anche fuori dal ring: è stato accusato, privato per anni della sua licenza di pugile, processato, prima di vincere su tutti i ring e tornare al suo posto.
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Uno lo Yin, l’altro lo Yan. Uno l’Alfa, l’altro l’Omega. Eppure i due uomini si stimavano e si ammiravano moltissimo. E non solo per il loro talento, benché fossero fan uno dell’altro. Alì aveva sognato da ragazzo di essere Elvis ed Elvis, che aveva praticato il karate, aveva una vera e propria venerazione per la grandezza dell’Alì combattente. I due sapevano leggere uno oltre la maschera dell’altro. Riconoscevano uno nell’altro il seme dell’unicità e della grandezza, e sotto l’abito di scena riuscivano a vedere l’uomo. Capivano di avere qualcosa di profondamente comune.
L’incontro del 1973
Elvis e Muhammad Alì avevano le loro corti. Un giorno i rispettivi ciambellani ebbero il compito di mettersi in contatto. Muhammad Alì voleva andare a Las Vegas a vedere un concorto di Elvis, il suo idolo musicale (al secondo posto veniva Sam Cooke).
Gli staff furono incaricati di organizzare un incontro e fu così che un giorno di febbraio del 1973, al termine del suo concerto, Elvis organizzò nel suo camerino l’accoglienza per il Re della boxe. Due monarchi, ma felici come bambini di incontrare ognuno il suo eroe.
Quella vestaglia in regalo
Uno dei complimenti più emozionanti che Elvis si fosse mai sentito rivolgere era stato quello di Muhammad Alì. In una intervista dichiarò che ammirava molto il suo modo di vestire.
Era abbastanza irreale pensare a Muhammad Alì vestito come Elvis nella vita normale. Ma c’era un momento in cui gli abiti di scena della rockstar, o qualcosa di molto simile, avrebbero calzato a pennello. Elvis chiamò i suoi stilisti e fece preparare per Muhammad Alì una vestaglia, di quelle che i pugilatori indossano nei momenti prima del match. Una vestaglia ispirata agli abiti di scena di Elvis, con file di pietre e di lustrini. Un equilibrio quasi impossibile tra kitsch e stile che solo Elvis e Muhammad Alì avrebbero potuto rendere possibile.
Alì vestì quella vestaglia per la prima volta proprio a Las Vegas, il 14 di quello stesso mese di febbraio, per l’incontro con Joe Bugner, un peso massimo di tutto rispetto, che Alì battè nettamente ai punti.
Fu un bell’incontro ma la vestaglia di Alì rubò la scena. La prima domanda che Howard Cosell il famoso giornalista sportivo fece ad Alì, era proprio su quel meraviglioso indumento. La risposta lasciò tutti interdetti.
Un errore perdonabile
Sul retro della vestaglia Elvis avrebbe voluto che fosse ricamato “People’s Champ”, campione del popolo. Per un malaugurato errore di trasmissione del messaggio, o dell’addetto al ricamo, la scritta diventò “People’s Choice”, uno slogan che forse sapeva un po’ di pubblicità di cereali.
Non c’era tempo di rimediare, la vestaglia fu incartata così. A dispetto del piccolo errore (che nessuno gli comunicò) l’oggetto piacque da morire ad Alì. Lo si vede dalle foto mentre la riceve, che lo mostrano col sorriso di un bambino che riceve il suo primo treno elettrico.
Anche Alì aveva un regalo per il suo amico e ammiratore Elvis. Erano un paio di guantoni, su cui il gigante di Louisville fece scrivere una definizione che certamente non prendeva alla leggera: “The Greatest”. Non l’aveva mai concessa a nessun altro. Nessuno che non fosse se stesso. Ma per Elvis era perfetta.
I due scherzarono, mimarono qualche scambio. Boxe contro Karate, per la gioia dei fotografi. Alì disse del suo amico che era troppo carino per combattere. Era meglio che continuasse a cantare, alla boxe ci avrebbe pensato lui.
I due erano stati ammiratori reciproci. Dopo quell’incontro continuarono a frequentarsi, quando i loro impegni lo rendevano possibile. Si capivano, si piacevano, diventarono realmente amici e lo restarono fino alla morte di Elvis, solo quattro anni dopo.
Dov’è finita la vestaglia di Muhammad Alì (e di Elvis)
Muhammad Alì continuò a portare quella vestaglia sul ring anche dopo l’incontro inaugurale. Rimase “The People Choice” per molti altri incontri.
Nel 1988 decise di fare un gesto che i fan suoi e di Elvis avrebbero apprezzato ancora per molto tempo: la donò all’Hard Rock Cafè di New York, dove rimase a deliziare tutti ancora per molti anni.
Oggi è esposta al Muhammad Alì Center di Louisville, Kentucky. È la città dove Alì è nato, qui è stato eretto un centro che non è solo museo ma anche centro di documentazione, di formazione, di motivazione, dedicato alla causa che ha impegnato Alì per tutta la vita, quella della giustizia per i neri d’America.
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È solo una vestaglia. Una splendida vestaglia. Ma pochi oggetti condensano una storia tanto importante. La storia dei due “più grandi”, che un giorno si incontrarono, e scoprirono di essere amici da sempre.
Lo sarebbero rimasti per sempre.
Antonio Pintér – copyright Boomerissimo.it®
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