Mike Tyson è stato l’ultimo pugile in grado di catturare l’interesse mondiale, ad essere non solo un atleta, ma un’icona, a battersela in popolarità con Muhammad Ali.
La boxe ha conosciuto tempi eroici. Tempi di combattimenti leggendari, che sono rimasti nella storia e nella memoria.
Non è mai stato uno sport per persone delicate ma, una disciplina che, secondo stereotipo ed una parte di verità era l’unico modo di affermarsi per giovani di una classe socio-economica di basso livello.
Boxe e classe sociale
Nel XVIII e XIX secolo erano nobili ed abbienti che potevano dedicarsi agevolmente a diversi tipi di sport per tutta una serie di ragioni. Lo sport presuppone disponibilità di tempo da impiegare in attività non produttive, non di immediato sostentamento e coloro che godevano a vario titolo di rendite cospicue di tempo da perdere ne avevano a iosa. Molti sport, poi, necessitavano (allora come adesso) di attrezzi, abbigliamento, luoghi per praticarlo decisamente fuori portata per chi doveva mettere insieme il pranzo con la cena o anche solo uno dei due.
Il pugilato era una valvola di sfogo per uomini al termine di una lunga e pesante giornata di lavoro ed aveva il vantaggio di non richiedere un grande equipaggiamento per praticarlo, in fondo bastava uno sparring partner. In tempi relativamente recenti è stato anche un modo rapido per conquistare fama e ricchezza. I pugili diventavano simboli ed eroi, riuscendo ad essere di ispirazione per molti. In questo Ali è stato un maestro.
A lungo la boxe è stata una forma di rivalsa per chi la praticava, condita da più o meno rabbia, a seconda di quanto fosse stato duro il percorso del pugile. Senza un minimo di “cattiveria” un pugile non sarebbe arrivato da nessuna parte. Vincere e convincere, no mezze misure. Un modo per incanalare l’aggressività e la frustrazione e trasformarla in autostima.
Ma l’era dei combattimenti epici, dei miti della nobile arte sembra essere tramontata, quantomeno mutata accogliendo sacrosante norme sulla sicurezza personale, venendo incontro ad un mondo che cambia. E’ ancora una macchina da soldi però.
L’ultimo forse ad essere stato non solo un atleta, ma un simbolo per una generazione di pugili è stato lui, Iron Mike, Mike Tyson.
Mike Tyson
Tyson aveva in sé tutti gli ingredienti del pugile in cerca di riscatto. La vita gli doveva qualcosa. Le cronache hanno definito la madre “donna promiscua, probabilmente prostituta”. Il padre biologico non ha avuto alcun ruolo nella vita del ragazzo, mentre colui che più si è avvicinato ad una figura paterna, Jimmy Kirkpatrick, non ha brillato per presenza ed esempio.
Mike è cresciuto in un ambiente ad alto tasso di criminalità, in cui il metodo per risolvere i conflitti non erano certo il debate, la negoziazione o alte tecniche di mediazione. A tredici anni era già stato arrestato trentotto volte per rissa soprattutto, non sopportava essere preso in giro per il suo lieve difetto nell’articolare le parole. Alla morte della madre, il giovane ribelle fu affidato a Cus D’Amato, il suo primo allenatore, manager e anche figura di riferimento.
Tutti sappiamo che Iron Mike ha commesso molti errori, certe sue azioni non sono state solo discutibili, ma qualcosa di più. Un grandissimo con molte ombre e tantissimi problemi anche con la giustizia e le mogli. Degli oltre 300 milioni di dollari guadagnati in carriera non gli è rimasto praticamente nulla. Nel 2003 ha dichiarato bancarotta dopo anni passati a spendere in modo incontrollato per case e oggetti di lusso e per pagare alimenti a ex consorti e relative spese legali.
Madonna, Tyson e… Mussolini
La sua rinascita, la redenzione è cominciata grazie all’incontro con la sua terza moglie che gli ha fornito quel punto di equilibrio che gli era sempre mancato. Poi c’è stato il docufilm diretto da Spike Lee e da simbolo negativo, Iron Mike è diventato l’esempio di come sia possibile cambiare, dare una svolta positiva alla propria vita, non importa quanti e quali sbagli si siano commessi prima.
Folgorata sulla via di Damasco, Madonna (una che di icone se ne intende), dopo aver visto il documentario decise di includere Tyson in un progetto musicale, un album, insomma.
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L’album era Rebel Heart del 2015 in cui Madonna incontrava (musicalmente) altri artisti che lei riteneva essere un esempio di forza e resilienza. Nel disco (scusate la parola antiquata) erano presenti Nicki Minaj, Kanye West, Chance the Rapper (per chi li conoscesse).
Tyson fu contattato e lusingato da Madonna che gli propose di fare l’introduzione ad un brano, Iconic. Iron Mike se la cavò alla grande. Registrò la sua sessione di freestyle in un’unica sessione:
Forza e resilienza, ma anche la consapevolezza del proprio valore. E Mussolini? Cosa c’entra in questa deriva di belle parole e buoni sentimenti?
Tyson ha rivelato di essersi ispirato a Benito Mussolini per la sua parte nella canzone. Ammirava il carisma di Mussolini e l’orgoglio che il calvo personaggio proiettava, anche se riconosceva che alcuni avrebbero potuto giudicarlo negativamente a causa della sua ideologia fascista… (ma va?). Tyson era affascinato dalla capacità di Mussolini di catturare il pubblico e la sua idea era di presentarsi nella canzone usando le sue tecniche (!). Ha specificamente menzionato di essere stato ispirato dall’arroganza di Mussolini, che ha cercato di interpretare in una “luce positiva” e dallo stile di oratoria istrionico e teatrale del dittatore.
E niente, dopo un secolo siamo ancora al punto di “Mussolini ha fatto anche cose buone”…
Antonietta Terraglia – copyright Boomerissimo.it®
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